ECUBA

ECUBA 

Nuova produzione: ad aprile lo Studio su Ecuba in occasione della Settimana della Cultura eppoi l’allestimento per la produzione in collaborazione con la rete dei Teatri di Pietra.

Tre lingue‚ la danza‚ la musica e la parola per inviare lo stesso messaggio: ogni guerra è un immane misfatto dell’uomo‚ qualunque ne sia la causa; è un male terribile per tutti‚ vincitori e vinti; il cuore femminile‚ più di quello maschile‚ ne è travolto e grida‚ con tutta la forza della passione e dell’amore‚ fuori da ogni canone e da ogni ambiguo sofisma. Insanabile è la lacerazione di una madre‚ di una sposa‚ di una sorella o di una figlia‚ insostenibile la loro sofferenza‚ irrefrenabili la loro maledizione e la loro vendetta. Il teatro tragico greco è in tal modo rimesso al centro e restituito al suo autentico ruolo di provocatore delle grandi domande sull’uomo‚ diviso tra la costrizione del razionale e il fascino‚ spesso agghiacciante‚ dell’irrazionale.
Da queste considerazioni nasce questa messa in scena in forma di tragedia corografica.
Ecuba prim’anco che esprimere il pathos della madre/regina‚ vive la prostrazione di fronte al potere: ragionato‚ comunicato‚ significato da Ulisse che – in piena tragedia – chiede comprensione In Ecuba decade ogni pensiero “politico” e prevale -in tutta la sua esasperazione‚ il senso di sgomento prima e di rivolta poi.
Il “vuoto” che la guerra lascia non distingue vinti o vincitori: dopo lo scontro‚ la distruzione‚ le vittime di entrambe le parti‚ il tempo sembra inchiodato su una spiaggia/deriva uguale per entrambi come l’assenza di sviluppo o futuro. La mancanza di vento assurge a metafora di un tempo( fintroppo simile al contemporaneo) dove si sopravvive alla propria immobilità.
Un ensamble di oltre quindici artisti tra danzatori‚ attori e musicisti per dar vita ad una vicenda che di intimo ha solo l’attonito ricordo di Polissena‚ il resto è solo straziante urlo prima dell’annientamento. Già‚ perchè la cagna/Ecuba nasce dalla consapevolezza dell’annullamento di una stirpe‚ di una città e della sua civiltà: Ecuba assurge a estrema difesa dell’identità e della storia‚ donna – prima ancora che regina – che cerca strenuamente di “salvare” la memoria di una razza‚ di un popolo e di una discendenza….. Regale e regina nelle Troiane e in tutta la prima parte dell’ Ecuba….. fino alla scoperta dell’uccisione del piccolo Polidoro. La distruzione sistematica di Troia‚ dei suoi palazzi‚ delle sue mura e delle genti troiane sino a quel punto sono ” sopportabili ” nella speranza segreta che memoria e progenie possano essere salve presso l’alleato e amico Polimestore.

«L’Ecuba si apre con l’apparizione di un fantasma: Polidoro‚ figlio di Ecuba e di Priamo‚assassinato per avidità di denaro dal suo ospite Polimestore‚ re di Tracia‚ lamenta il destino che l’ha colpito e rivela che l’ombra di Achille ha chiesto ai Greci in olocausto per la propria tomba sua sorella Polissena. Svanito il fantasma che aleggiava sulla tenda di Ecuba‚ la regina esce piena di angoscia: ha visto in sogno Polidoro e Polissena‚ e un lupo sbranare una cerva‚ strappandola alla sua protezione. Il Coro precisa come si è svolta l’assemblea in cui i Greci hanno votato la morte di Polissena: Odisseo ha avuto l’incarico di prelevare la vittima. Ecuba si dirige‚ lacrimando e gridando‚ verso la tenda di Polissena: e sarà la fanciulla destinata al sacrificio a consolare la madre. Si presenta Odisseo per il suo increscioso compito: Ecuba fa appello alla gratitudine che l’eroe le deve ‚ l’eroe si richiama freddamente alle ragioni politiche che impongono l’uccisione di Polissena. Improvvisamente interviene Polissena e si dichiara pronta a morire‚ si congeda con dolcezza dalla madre: Ecuba si accascia al suolo. Le Donne del Coro si domandano quale terra‚ quale dimora le attenda nel loro esilio di schiave. L’araldo Taltibio porta a Ecuba l’ordine dei comandanti greci: provvedere alle esequie di Polissena‚ e racconta anche con quanta nobiltà e coraggio la giovane abbia affrontato l’istante supremo. Ecuba impartisce le disposizioni per i funerali. Il Coro geme sulle proprie sventure‚ sui mali causati da Paride a Troiani e Spartani. Un’Ancella reca a Ecuba la notizia della morte di Polidoro e ne mostra il cadavere: Ecuba capisce subito chi sia l’assassino e il perché del crimine. Agamennone viene a sollecitare i preparativi funebri e si trova davanti un inatteso cadavere: Ecuba spiega cosa sia accaduto e chiede‚ esige mano libera contro Polimestore. Le viene accordata: manda allora l’Ancella da Polimestore perché lo inviti a venire da lei con i figli. Il Coro rievoca l’ultima notte a Troia‚ una notte destinata all’amore e conclusasi in un bagno di sangue. Polimestore viene indotto da Ecuba‚ con il miraggio di un tesoro nascosto‚ a entrare nella sua tenda con i figli: assalito e immobilizzato dalle Donne‚ li vedrà morire prima di essere accecato. Chiederà ad Agamennone vendetta‚ ma l’operato di Ecuba riceve l’avallo del comandante dei Greci‚ che si rifiuta di considerare delitto politico il delitto commesso da Polimestore. Il re tracio profeta il futuro orribile che attende Ecuba – verrà trasformata in cagna‚ e Agamennone -verrà ucciso dalla moglie: Agamennone ordina di farlo tacere e lo destina a venir gettato su un’isola deserta» 


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MIBAC Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Mda Produzioni Danza
in collaborazione con
Fonderia’900 e Teatri di Pietra
ECUBA
da Euripide, Seneca e Omero

drammaturgia
Maccagnano/Tringali/Gatti

regia e coreografia
Aurelio Gatti

musica originale
Lucrezio deSeta
Marcello Fiorini

scena e costumi
capannone Moliere

con 
Giuseppe Bersani, Carlotta Bruni,
Monica Camilloni, Rosaria Iovine,
Luna Marongiu, Rosa Merlino
Sara Rossi, Marica Zannettino
e Camilla Diana
e Ernesto Lama,
Sebastiano Tringali,
Riccardo Diana
e Cinzia Maccagnano

Esecuzione musicale dal vivo
Lucrezio DeSeta,
Marcello Fiorini,
Antonio Pellegrino

luci
Stefano Stacchini