GEOMETRIE DELLA PASSIONE – Cassandra e Clitemnestra

ideazione e coreografia Aurelio Gatti
drammaturgia Cinzia Maccagnano, Aurelio Gatti
fonti Omero, Eschilo
musiche Corelli,Grieg,Mahler,Tartini

con
Cinzia Maccagnano Luna Marongiu Aurelio Gatti
costumi e attrezzeria Capannone Moliere

Perchè Clitennestra?
Probabilmente la necessità di indagare ulteriormente su questa figura che‚ nelle diverse sfaccettature‚ risulta sempre ridotta allo stereotipo della donna passionale. Eppure c’è poca passione nella figura ritratta da Eschilo quando annunzia la vittoria su Troia e tutt’altro che passione inducono le parole taglienti della figlia Elettra o le evocazioni di Crisotemi.
Eppoi l’incontro con Cassandra. Altra donna costretta ad un primato di sofferenza per la sua veggenza……. cosa conosce questa donna della regina Clitennestra?

Geometrie fin troppo lineari‚ trattandosi di mito‚serrano questi due personaggi femminili assoggettati allo stesso uomo.
E il sentimento che ne nasce va oltre la passione. Chi è dunque Clitennestra?
Figlia di Giove‚ e di Leda moglie di Tintaro re di Sparta. Clitemnestra aveva sposato Tantalo‚ figlio di Tieste‚ e siccome a Tindaro dispiaceva di esser legato in parentela col figlio d’uno scellerato‚ così indusse Agamennone a vendicare l’uccisione del padre‚ promettendogli la mano di Clitennestra‚ dalla quale ebbe quattro figli‚ Oreste‚ Elettra‚ Ifigenia‚ e Crisotèmi. Quando partì con la sua flotta per la guerra di Troia, e fu costretto a sacrificare a Diana la figlia Ifigenia‚ per indurre Clitennestra a portargliela da Argo‚ le fece credere che intendeva sposarla con Achille: e di questa crudele menzogna del marito – Clitennestra serbò tenace memoria‚ anzi dell’odio concepito‚ da allora‚ contro di lui‚ si fece una giustificazione dell’adulterio compiuto con Egisto.

Ma come mai ella avrebbe potuto giustificarsi di aver cercato di far morire anche il proprio figlio Oreste‚ il quale sarebbe stato impedimento agli ambiziosi propositi dell’amante di lei‚ Egisto‚ d’impadronirsi del regno di Argo? Per fortuna di Oreste‚ la sorella Elèttra‚ che vegliava su di lui‚ riuscì a sventare le insidie della madre disumana‚ e ad allontanare il fratello che‚ di venuto adulto‚ per vendicare il padre‚ uccise Egisto difeso disperatamente da Clitennestra‚ contro la quale si volse volontariamente‚ o a caso‚ il ferro del figlio.
Clitennestra è una donna ammalata d’odio e di amore‚ è la testimonianza pubblica di una donna- moglie-madre-amante dotata di una femminilità spietata e di una tenerezza feroce‚ è la silenziosa e lucida autodifesa di una donna sola prima e alla fine, di fronte alla condanna per l’uccisione del marito Agamennone.
Ella pare non conoscere paura né incertezza‚ piuttosto compiacimento per la vendetta nei confronti dell’uomo che l’ha abbandonata. La sua furia sembra essere una furia sacrificale guidata da una Dike atavica. Clitennestra è cosciente di non essere né colpevole né innocente: un demone vendicatore ‚ a lungo sopito‚ si è impadronito di lei.
Non c’è altro‚ dissimulatrice e superba‚ ambigua e feroce‚ tenera e beffarda‚ Clitennestra è una donna in attesa. è un delirio di immagini che gemmano dalle sue parole‚ dai gesti asciutti‚ quasi domestici. Evocazioni create a sedurre più che a farsi dominare dalla ragione.
Testimone in attesa è anche Cassandra‚ a cui è chiaro‚ oltre il presagio‚ la sorte.

Un doppio viaggio -quello reale e quello immaginato, vissuto attraverso l’aspettativa, l’attesa, la percezione diversa e dilatata della realtà e del sentimento-in cui gli incontri diventano una possibilità di trasgressione, la condizione per dire e dare se stessi, la possibilità di “cogliersi” l’un l’altro, realizzando forse il desiderio di poter amare e di vivere pienamente la “furia” amorosa e che rimangono – invece – una possibilità inespressa, inattuata .. Eppure nessun dualismo affannoso, tutte le sensazioni e gli stati d’animo che naufragano in breve nell’incertezza solita, si infrangono nel ritorno alla realtà di sempre, lasciandosi l’attimo alle spalle – doloroso, alla memoria. L’arrivo coincide con la consapevolezza della propria impotenza a comunicare e vivere ciò che si ha idealmente provato.

E’ il primo studio per ricercare e comprendere la linea sottile che divide la follia dalla passione.

Recensione Erica Fenice     

Corriere Spettacolo