Primigenie e (tras)formazioni – II step (2019)
Il progetto MDA, varato lo scorso anno e accolto dal Mibac-Direzione Generale dello Spettacolo come “progetto speciale” del 2018, prosegue – estendendosi ed approfondendosi – nel biennio 2019-20 il percorso di ricerca incentrato sul complesso tema del “cambiamento”: Tema affrontato tanto nella sua accezione individuale (di sviluppo/ evoluzione o caduta/ regressione dell’essere umano) quanto collettiva (il cambiamento – esplicito o latente, evolutivo o regressivo – presente nelle transizioni della Storia.
Tema anche attualissimo ed estremamente sfidante: per l’ampiezza delle implicazioni (sociali, filosofiche, artistiche…) e perché pretende un’elaborazione dell’attualità che proponga uno sguardo “altro” sulla realtà stessa. Perché, pur nell’ambito che ci compete della danza/ teatro, è un tema che richiede (come meglio diremo in seguito) non ordinarie “modalità” di ricerca, di “forme” della rappresentazione, di luoghi della performance.
Già il titolo Primigenie (tras)formazioni chiarisce e sintetizza l’ambito di ricerca: gli esseri umani, dal “tempo dei tempi” (e ciascuno degli spettacoli del progetto ha un riferimento nel mito/ nella leggenda) anelano ma paventano il cambiamento: l’indefinitezza del tempo della transizione – dal “prima” al “dopo” – accelera il ritmo del suo agire; l’incertezza sulla “forma” che il “dopo” prenderà, li rende ebbri di voglia di “compimento”.
Particolarità artistica ed innovativa del progetto
Cambiamenti, svolte sociali, migrazioni, colori delle mutazioni, sono i temi più diffusi e ricorrenti di questa epoca; danza, teatro e musica se ne fanno ora testimoni e ora interpreti.
La latitanza dei riferimenti “solidi”; gli enzimi valoriali/ ideali/ di appartenenza che percepiamo dissolversi. Un mondo liquido in cui l’unica certezza è l’incertezza, per usare l’espressione coniata da Zygmunt Bauman, sono il contesto.
Il fenomeno è esteso, globale e – per quel che qui ci interessa – ha investito pienamente la creazione artistica: l’inizio di questo “slittamento” si può far risalire all’affermarsi di quella corrente detta post-moderno (termine “ombrello” sotto cui si affollano diversi fenomeni espressivi, dall’architettura alla filosofia, dalle arti figurative ai linguaggi sociali e social). Il postmodernismo – che ha segnato la crisi delle “grandi narrazioni” e della loro ambizione di poter sovrapporre al mondo un qualche “modello” (di ordine o disciplina o ideologia) – si è dedicato a una rivisitazione ludica o ironica del passato e, forse per la sua caratteristica più “reattiva” che “propositiva”, si è intersecato con le pulsioni più estreme e nichilistiche (dal virus de “la morte dell’arte” a “l’arte mortifera”, si potrebbe sintetizzare… ). E la tossicità di questo fenomeno è tuttora attiva.
MDA invece, preferisce aderire ad un superamento, tanto della dimensione “ideologica” che di quella “nichilista” che – in varia misura, sotto varie spoglie – insidiano l’attuale produzione artistica e culturale. Prendiamo qui spunto da quanto scrive Heiner Müller nel suo Filottete: «Ascolta come il silenzio interrompe il tuo discorso». C’è un silenzio che precede sempre il parlare. Uno spazio, un mondo che ci preesiste. Si tratta di percepirlo.
Quello spazio, quel mondo è l’ambito da cui si è partiti nel 2018 e oggi si prosegue.
Il progetto nasce dall’esigenza – che accomuna tanto gli autori quanto gli interpreti – di recuperare alla contemporaneità una ricerca – espressiva/ di codici/ di linguaggi – (ri)fondata sulla componente più vitale e necessaria del teatro stesso: la rappresentazione delle dinamiche interumane. Che renda al pubblico la possibilità di una riflessione sui fondamenti di tali dinamiche: l’essere umano, il suo corpo, il suo agire.
Ci piace definirlo un teatro “sostenibile”, intendendo con questo termine la sua vocazione ad armonizzare l’attualità – oggi attraversata da flussi complessi di informazioni, da profondi mutamenti sociali, da riverberi continui di tensioni globali – con il rispetto del “sistema-umano” che, per quanto evolva in una prospettiva storica, è fatalmente fedele alle sue caratteristiche specie-specifiche di un essere, di un corpo capace di esprimere immaginazione, pensiero, creatività.
E la nostra proposta/risposta – per la specificità dell’ambito di ricerca che da quarant’anni impegna l’attività artistica di MDA – non può essere data che attraverso il linguaggio del corpo-in-movimento, nella performance.
La performance, per il lavoro che MDA svolge, è l’atto finale di un percorso.
Un percorso che origina con la messa-in-scena: il testo/ la coreografia/ la regia si realizza come momento di “sintesi” artistica delle riflessioni che l’autore deriva dalle sollecitazioni dell’attualità e propone agli interpreti, che la metabolizzano e la rappresentano. Una sintesi che libera l’idea della rappresentazione dal “superfluo” – dalle istanze meramente teoriche/astratte o contingenti – per ricondurla alla “concretezza-naturalità” del corpo-scenico, dell’atto.
Poi, il laboratorio: momento in cui la messa-in-scena viene “rielaborata” attraverso la condivisione con individui diversi (altre professionalità o non-professionisti; allievi o pubblico…) che, prendendo “spunto” dallo spettacolo cui hanno assistito, sono stimolati e stimolano un approfondimento, se non una vera e propria reinterpretazione. Individui diversi ma anche luoghi diversi; è infatti “tipico” del nostro lavoro la realizzazione di spettacoli in spazi dalle molteplici “fisionomie”: dagli antichi Teatri di Pietra, ai Parchi Archeologici disseminati di antiche vestigia; dai Teatri Classici, “tradizionali”, ai luoghi allestiti per le rassegne di ricerca più d’avanguardia.
Solo infine – e solo così – la performance, pregna dei contributi ideativi e concreti raccolti durante il tragitto e nelle diverse rappresentazioni, si realizza come un “andare in scena” reale, vero: ultimo atto di un percorso di ricerca dei singoli interpreti come degli autori, inclusivo dei risultati della ricerca, della sensibilità, di tutti.
Il risultato atteso è pregno di un’idea di danza/ teatro che rifugge ogni autoreferenzialità artistica per (ri)diventare un medium straordinario: tra comunità/spettatore e territorio/memoria.
Una danza/teatro capace di emozionare poiché ciascuna “azione”, ogni “atto creativo” che essa pone nella realtà comporta una assunzione di responsabilità e una proposizione di cambiamento della realtà stessa.
Un idea-progetto per indagare tra il naturale e l’artificiale, tra realtà e rappresentazione, sollecitando la coscienza dello spettatore ad entrare a far parte di un “ecosistema culturale” in cui memoria e divenire vengono metabolizzati, trasformati in esperienza più etica che estetica.
Il progetto triennale: sinossi dello sviluppo nel biennio 2019-20120 del progetto 2018
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2018 (realizzato) «Dafne e Tiresia o delle originarie trasformazioni» | il corpo archetipo.
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2019 (in corso d’opera) «La Parabola dei tre Anelli» ed «Hesperios – L’occidentale» | trans-forma/ al di là, oltre l’aspetto morfologico.
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2020 (fase progettuale) «Proteo e le forme cangianti» | le realtà “plurali” come forme disorientanti/ destrutturanti la realtà data.
Nella prima fase – già realizzata nel 2018 – il tema della “trasformazione” è stato declinato in riferimento al mito: una prospettiva incardinata all’idea di mutazione coatta – se non punitiva – incentrata e risolta nella sfera sensoriale. Trasformazione come evento esclusivo, concentrato su un singolo/ su un protagonista la cui “diversità” è la qualità necessaria del “divenire” (e dell’intreccio drammaturgico). Tiresia che “muta” da uomo a donna e ritorna uomo, ha per tale condizione il suo rapporto con gli dèi, l’accecamento e la preveggenza. L’invocazione di Daphne “a cambiar forma” è il gesto estremo della ninfa nella fuga da Apollo, la negazione esemplare dell’incontro che si traduce nella trasformazione in alloro.
Nella seconda fase – in corso d’opera nel 2019 – il fulcro della elaborazione artistica è invece la trasformazione percepita da “gli altri”, che si pone come parametro e misura della trasformazione stessa. Si affronta qui il tema della trasformazione in un contesto ampio, collettivo, dove il cambiamento di status conferisce proprietà, implica relazioni, definisce ambiti e cristallizza sembianze. L’Anello della parabola di Lessing e Boccaccio è forgiato per creare una forma/copia perfetta di un originale che attribuirà al suo possessore una posizione di supremazia (almeno questo è creduto dai più). Con Hesperios – L’Occidentale si parte dal mito d’Europa per tratteggiare la nascita dell’uomo occidentale: le forme dell’ecclesiaterion – declinate negli agones olimpici prima e nel teatro poi – rappresentano il mutamento radicale che ha investito tanta storia e umanità del Mediterraneo. Trasformazione che ha segnato anche la formula “mito : rito = immutabile : mutabile”, laddove “immutabile” è ciò che non è passibile d’intervento (umano) e il mutabile quanto invece lo è. Una ricerca che pertanto si sviluppa nell’individuazione/ rappresentazione di quanto, del mito – nella costruzione dell’idea Occidentale – è stato lasciato (o reso) immutabile e di quanto è stato trasformato in oggetto di rito.
Infine, nella terza fase – già in progettazione per il 2020 – la trasformazione viene affrontata nel suo porsi come fenomeno spazio/temporale che investe e permea l’interprete. Da qui il riferimento a Proteo il dio marino, figlio di Oceano, capace di mutare la propria forma, emblema di una realtà in continuo mutamento: di circostanze, sentimenti, persone. La forma che muta autonomamente e che implica un’attenzione, un focus che impone un continuo rinnovarsi della conoscenza.
Proteo era anche profeta, al quale per domandare un vaticinio si doveva coglierlo “nel mentre” mutava. Solo allora, nel continuum della mutazione, avrebbe risposto a qualunque domanda.
Così, di fronte ad una realtà volubile e in costante trasformazione, l’unico modo per cogliere “risposte” è affrontarla in ogni aspetto che essa proporrà: il continuum della Trasformazione e della Mutazione, alla fine, è la scintilla della relazione e della conoscenza, la consapevolezza dello spazio/tempo. Così, anche in un contesto di circostanze – all’apparenza – disorientanti, ingovernabili e contraddittorie, Proteo risponderà.
Le attività del Progetto 2019
Come evidenziato nelle linee generali, il progetto sviluppa ogni singola fase, secondo un percorso metodologico: messainscena-laboratorio-performance.
Per il 2019 sono state programmate:
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messainscena di due creazioni originali di danza-teatro e musica per non meno di 15 eventi realizzati in modalità site-specific in sei regioni: Lazio, Campania, Sicilia, Toscana, Basilicata, Puglia, Marche:
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RINGPARABEL – LA PARABOLA DEI TRE ANELLI, una drammaturgia da Lessing e Boccaccio, su musica originale di Gloria Bruni, orchestrazione Lauro Ferrarini, regia e coreografia Aurelio Gatti, costumi Marina Sciarelli Genovese, per sette danzatori e un attore: Carlotta Bruni, Valeria Busdraghi, Matteo Gentiluomo, Rosa Merlino, Camilla Perciavalle, Luca Piomponii, Paola Sayeste Aygul Saribas e Sebastiano Tringali.
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Dalla più antica redazione conosciuta, la parabola della “Perla caduta nella notte” del VIII secolo, alla terza novella del “Decameron”, fino al dramma teatrale “Nathan il Saggio” di Lessing, i racconti degli anelli hanno viaggiato tra Oriente e Occidente mutandosi, scavalcando i confini identitari.
Un lavoro per musica, coro, danza e teatro ispirata alla parabola dell’anello in cui si narra dell’Ebreo Nathan che alla domanda su quale sia la vera religione, risponde con la parabola dei tre anelli identici, simboleggianti le tre grandi religioni monoteistiche – Cristianesimo, Islamismo ed Ebraismo – che sono copie dell’unico vero anello andato smarrito. È, dunque, una metafora sui tre grandi monoteismi, ma anche una dura riflessione sugli inutili quanto pericolosi fondamentalismi e integralismi religiosi, culturali e sociali.
Tutti i personaggi della parabola nascono dalla scena e si susseguono, si incontrano e si scontrano in continuazione, costretti in perimetri che sembrano immutabili mentre il canto, la musica e la danza suscitano e aprono infinite prospettive.
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HESPERIOS, L’Occidentale, dall’opera di Fabio Pallotta, musica Nazzareno Zacconi
regia e coreografia Aurelio Gatti, con Carlotta Bruni, Rosa Merlino, Luca Piomponi, Paola Sayeste Aygul Saribas e Raffaele Gangale, Sara Giannelli, Sebastiano Tringali.
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Le Scienze della Terra, l’Antropologia, la Mitologia e la Storia del Mediterraneo, nel loro insieme di argomenti e di racconti, rivelano le matrici ancora vive e vicine della civiltà di Hespérios e si propongono come chiave di lettura della nascita e dello sviluppo del pensiero d’Occidente.
Ad un’epoca animata da contrastanti tensioni, incline alla “memoria breve” nell’affrontare il presente, trascinata in scenari globali sempre più contemporanei eppure distanti, Hespérios offre la visione non di un mondo del passato, ma dell’“uomo nuovo” – che è già stato: un Uomo capace di co-esistere con natura e genti, ostinato nel fare della sua esperienza un “Kala erga” – un’opera bella per gli uomini…
- attività seminariale e laboratoriale, di approfondimento e focalizzazione dei temi individuati per le creazioni e suscitati dalla messa in scena:
1. Incontro “L’Uomo Occidentale nelle trasformazioni dell’idea del Teatro”
con il Prof. Fabio Pallotta – ricercatore e docente presso Università di Camerino Unicam.
In collaborazione con Associazione Capua Antica Festival /UNICAM.
Rivolto agli studenti medie superiori e universitari.
Auditorium Benedetto XIII – Camerino, Macerata
2. Seminario “Le dinamiche del corpo nello spazio della Memoria”
Proseguendo la ricerca iniziata lo scorso anno con il lavoro sulle dinamiche del corpo che interagisce con lo spazio circostante, modellando la materia che lo riempie, questa seconda sessione indaga le altre forme dello spazio, quello della Memoria e del Ricordo, suggerendo e confrontandosi con una forma ideale, la forma simbolica, con cui si genera un rapporto di continua reciprocità tra corpo e Memoria. Quando si interrompe questo dialogo si generano fratture di senso che segnano – irrimediabilmente – il corpo scenico.
con Aurelio Gatti, coreografo. e Rosa Merlino (per la danza) Sebastiano Tringali (la Voce).
In collaborazione con Circuito Danza Lazio.
Rivolto a 18 partecipanti professionisti e ad un massimo di 6 auditori.
Il laboratorio è ospite del Parco Archeologico di Selinunte.
3. Laboratorio “Occhi di-versi” – II edizione:
rivolto ai giovanissimi, sul tema della diversità culturale ed etnica. Saranno incoraggiate la consapevolezza e la creatività per arricchire il vocabolario di movimento nel rispetto dei tempi e della singolarità di ognuno.Un laboratorio dedicato a favorire la socializzazione e la copresenza delle diversità, sperimentando creativamente le possibilità espressive. Ruolo centrale sarà quello dell’immaginazione, stimolata attraverso esplorazioni, improvvisazioni.
Conduttori: Rosa Merlino (per la danza), Salvo Complicazioni (per la musica)
Presso Spazio Home, San Giovanni Rotondo
- attività performative e installazioni
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- “Il Colloquio” (pittura, danza e parola)
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installazione nata dalla collaborazione con l’artista Marilena Sutera che nel suo lavoro utilizza l’esperienza pittorica e grafica per la ricerca e la produzione di nuove forme espressive. L’evento, a cura di Yongxu Wang, è un esperimento a più mani volto a coniugare le “trasparenze” arcaiche del lavoro della Sutera con il movimento corporeo e drammaturgico degli interpreti.
Con Marilena Sutera (arti figurative), Paola Saribas (danza), Sara Giannelli (teatro).
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- “SnapShot Mithos” – Il corpo al lavoro (fotografia /danza e spazio)
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La postura, il gesto e la posizione veicolano significati precisi soprattutto nel luogo e nel tempo del lavoro quando, superata la funzione meccanica e seriale, il corpo si muta in spazio e azione, scabro da ogni estetismo. L’armonia di un corpo “affilato” nella sua attività/attenzione suscita un immaginario che allude al rito spoglio di forma ed elevato a espressione.
Con Edoardo Boccali, fotografo e Paola Saribas, Sara Giannelli, Luca Piomponi e Lucrezia Serafini
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- “REDline” – Installazione e Registrazione docuvideo
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Riprese Hystrio Image, Centro Storico di Camerino (MC)
con Luca Piomponi, Carlotta Bruni, Paola Saribas, Sara Giannelli, Rosa Merlino, Raffaele Gangale, e Sebastiano Tringali.
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- “Studio per CLITENNESTRA”
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Clitemnestra compie una progressiva trasformazione: da vittima della violenza di Agamennone, a giustiziere e carnefice dei torti subiti. Una “vittima” che subisce, la morte del marito Tantalo e del figlioletto, poi l’inganno, l’uccisione dell’amata Ifigenia, il tradimento con la “preda di guerra” Cassandra. Il dolore per la perdita dei figli diventa un tormento insopportabile e la mente trasforma il dolore in un odio feroce, senza limiti.
Con Valeria Contadino, Luca Piomponi (coreografia), Lucrezia Serafini, Paola Saribas, Arianna Di Palma.
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- “Luminoso Meriggio” – II edizione (Canto, danza, teatro, musica, paesaggio e archeologia)
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In collaborazione con il Parco Archeologico di Selinunte, una retrospettiva dedicata alla trasformazione dei paesaggi e delle comunità, partendo dalla storia millenaria dell’antica Selinunte.Quattro eventi dedicati al meriggio di una civiltà tra le più fiorenti del Mediterraneo attraverso le performance di artisti che si sono distinti per la originalità e l’interdisciplinarietà delle proposte. Lo spazio dell’Acropoli, diventa il luogo in cui si incontrano storie, linguaggi e si realizza /manifesta la mutazione di un tempo antico in un tempo presente, contemporaneo.